I pazienti che assumono più medicinali sono sempre alle prese con l’arduo compito di distinguere una pillola dall’altra, impresa resa tanto più difficoltosa dalle confezioni spesso anonime nelle quali vengono venduti i farmaci. In effetti, le specialità medicinali non possono essere considerate alla stregua di altri prodotti, soprattutto se si tratta di farmaci soggetti all’obbligo di prescrizione per i quali non si può fare pubblicità e sui quali, dunque, l’opinione e l’impressione del paziente è – almeno sulla carta – del tutto irrilevante.
Tuttavia, il comparto del packaging farmaceutico, uno dei settori industriali più fiorenti, soprattutto nel nostro Paese, ha fatto grandi progressi per rendere la confezione dei medicinali il più appetibile possibile: non sono necessari slogan, marchi o pittogrammi per vendere di più un prodotto; il solo ricorso a materiali di qualità, a colori originali e a soluzioni pratiche possono spesso fare la differenza.
Vediamo allora come si compone un packaging farmaceutico
Il confezionamento di un medicinale si presenta a più livelli: primario, secondario e terziario.
Il confezionamento primario è quello che si trova a diretto contatto con il medicinale: non a caso, gli standard lo definisco anche confezionamento “immediato”. Si tratta di un tipo di confezionamento che svolge una funzione importante da molti punti di vista:
- deve essere sicuro, deve cioè proteggere il medicinale da danni esterni;
- ne deve garantire la stabilità, l’efficacia e la qualità;
- deve assicurare un utilizzo pratico da parte del paziente;
- deve essere facile da smaltire.
Tra i confezionamenti “primari” più comuni ci sono i flaconi e i contenitori per capsule e compresse, in materiale plastico, solitamente HPDE; i blister in plastica o alluminio; le bustine, solitamente composte di materiali multistrato; le fiale e i flaconcini in vetro, riservati alla conservazione di preparazioni sterili, iniettabili o da bere; i tubetti, per creme e unguenti.
Anche il confezionamento secondario svolge funzioni di diversa natura: se da un lato ha anch’esso lo scopo di contenere e proteggere il confezionamento primario, dall’altro si occupa di informare l’utilizzatore o il paziente sul medicinale in oggetto. In esso, infatti, sono riportate alcuni informazioni essenziali per l’identificazione e l’utilizzo del medicinale:
- il nome del prodotto,
- il principio attivo,
- il dosaggio,
- la forma farmaceutica
- la data di scadenza (presenti anche sul confezionamento primario)
Sul confezionamento secondario sono riportati anche la via di somministrazione, gli eccipienti che possono avere effetti dannosi, le precauzioni da osservare per la sua conservazione, eventuali avvertenze per la tutela del paziente nonché il prezzo. Inoltre, il confezionamento secondario contiene alcuni dati legali, come il nome del titolare del farmaco, le condizioni di fornitura, diversi codici per la sua tracciabilità e infine le informazioni principali in braille per l’uso da parte dei non vedenti.
Nel caso del confezionamento terziario è forse più corretto parlare di imballaggio: nella maggior parte dei casi, si tratta infatti di semplici scatoli di cartone, al più stampati con il logo della casa farmaceutica, contenenti più confezioni secondarie per la spedizione e il trasporto del prodotto.
Essendo rigorosamente regolamentato, il packaging farmaceutico non presenta grossi margini di miglioramento in termini di marketing, ma la grafica può comunque avere un ruolo essenziale. Immagini, caratteri e colori possono essere combinati per far risaltare il medicinale agli occhi, ad esempio, del farmacista: un elemento da non trascurare nel caso dei farmaci da banco, quelli cioè che possono essere dispensati senza ricetta e per i quali si può, in alcuni casi, fare pubblicità al consumatore.
Non bisogna trascurare nemmeno la scelta dei materiali: oggi i consumatori sono molto attenti alla sostenibilità e all’ambiente, e un confezionamento sostenibile, magari ottenuto da materiali riciclati o realizzato con tecnologie a basso consumo energetico o che ne garantiscono la biodegradabilità possono essere un buon veicolo per un marketing di successo.